di Carlo Satta da ISOLASARDA.COM
Durante il Neolitico Recente, si hanno le prime costruzioni megalitiche, l'esempio più eclatante ci sembra essere la Ziqqurath o Altare preistorico di Monte d' Accoddi a circa undici km da Sassari (ci si arriva facilmente, per chi proviene da Sassari, svoltando a sinistra in prossimità dell'apposito cartello indicatore). Nello stesso periodo vengono eretti i menhir, detti anche betili; in sardo "perdas fittas", si tratta di grossi massi allungati più o meno rozzamente lavorati e infissi nel terreno, simbolo della divinità e oggetto di culto.
(http://www.ilportaledelmistero.net/images/accoddi_001b.jpg)
In questo periodo si costruiscono i primi dolmen, che sono costituiti da quattro lastroni verticali, più un quinto lastrone come copertura. Ma, ritorniamo all'Altare Preistorico o Ziqqurath di Monte d'Accoddi. E' lungo ben 75 metri, compresa la rampa di accesso, ed era alto 37; attualmente è alto 8 metri. Il sito ricadeva nell'Azienda Agraria E.T.F.A.S. (Ente Trasformazione Fondiaria e Agraria della Sardegna), di Monte d'Accoddi, in regione Ponte Secco, i cui terreni erano stati da poco espropriati all'On. A. Segni, che, allora Ministro dell'Agricoltura, della Riforma Agraria era stato primo propugnatore. Gli scavi in loco ebbero inizio nel 1952. A quei tempi quella che oggi è la Ziqqurath, era una modesta collinetta; alla luce del sole esisteva solo un lastrone con uno scolatoio e cinque passatoi, si poteva vedere chiaramente che sotto detto lastrone veniva acceso del fuoco. Sotto, e di fianco ad esso, bucce di lumache e conchiglie. Il lastrone serviva per cuocervi carni di prede catturate, o era un'ara sacrificale o, ancora, vi si cuoceva il cibo per coloro che assistevano ai riti religiosi?
Si notavano nel podere in cui sorge l'altare preistorico, ma da questo alquanto distanti due pietre di forma allungata e conficcati nel terreno "betili", appunto che rappresentavano simboli fallici, ed un'altra pietra tondeggiante, rozzamente lavorata, con incise delle coppelle, che rappresentava la fertilità. A causa del gran numero di frecce, coltelli, raschiatoi ed altri utensili, forse legati alla filatura della lana, affioranti sul terreno da poco dissodato dai lavori di scasso e aratura profonda della predetta Riforma Agraria, non sembra sbagliato ipotizzare che sul posto esistesse una fabbrica di utensili per il fabbisogno della gente del posto o, per gli scambi commerciali con altri popoli o tribù. Potrà sembrare un'esagerazione, mentre è realtà, in superficie, si trovavano, come già detto, punte di frecce, coltelli e raschiatoi di selce, in notevole quantità.
(http://www.ilportaledelmistero.net/images/accoddi_003.jpg)
Dall'altro lato della strada per P.Torres (Ponte Secco è divisa in due, dalla superstrada), dai Caterpillar che procedevano ai lavori di scasso dei terreni, per l'impianto dei vigneti-oliveti, fu per caso scoperchiata una tomba di forma circolare con cellette attorno ad una centrale; naturalmente i lavori furono immediatamente sospesi e ne fu tempestivamente informata la Soprintendenza ai Monumenti e Antichità di Sassari-Nuoro che provvide ad inventariare il sito. Ma ritorniamo al punto più importante, all'Altare preistorico. I lavori già iniziati, come abbiamo detto nel 1952 procedettero a rilento, come sempre accade da noi fino al 1958; servirono a fugare ogni dubbio, non si trattava di una costruzione nuragica. Per anni quel cumulo di terra, fu ignorato. I lavori furono ripresi nel 1979, credo per la tenacia del Prof. E. Contu, insospettito da quella collinetta che contraddiceva al resto del podere pianeggiante, volle vederci chiaro e decise di scavare per portare, alla luce quello che è l'Altare Preistorico: la Ziqqurath di Monte d'Accoddi. Tuttavia, ancora oggi resta il mistero di questo monumento che ricorda le Ziqqurath del Medio Oriente.
Chi costruì quell'altare, che scopo aveva quella costruzione? Religioso, certamente, le capanne che circondano l'altare starebbero a dimostrare che di un luogo di culto, si trattava; ma chi edifico una costruzione che, inequivocabilmente, ricorda le Ziqqurath del Medio Oriente, ma che non trova altri riscontri sia in Sardegna che in tutta il bacino del mediterraneo? Credo che a meno di studi successivi o di altri ritrovamenti, il mistero resterà: quello che non è un mistero è che la Ziqqurath di Monte d'Accoddi, è l'unico esempio in Europa, di questo tipo di costruzioni. Per quanto a conoscenza del sottoscritto, lavori di ricerca vengono tuttora svolti sotto la responsabilità del Prof. Santo Tinè, del Dipartimento di Archeologia dell'Università di Genova.
(http://www.ilportaledelmistero.net/images/accoddi_004.jpg)
In occasione della recente visita all'Altare di Monte d'Accoddi ci è stato consegnato un opuscolo di Fulvia Lo Schiavo, Soprintendente Archeologico per le Province di Sassari e Nuoro che ci ricorda che durante l'ultima guerra la posizione dominante di quella che io continuo a chiamare collinetta, data la sua posizione dominante, sul restante territorio circostante, venne scelta per sistemare ai suoi quattro angoli delle batterie contraeree; la sistemazione di tali batterie costrinse a scavare una trincea di collegamento, che provocò guasti irreparabili agli strati superiori della seconda piramide.
Dai dati degli scavi risulta che la prima piramide venne distrutta da un incendio; la piramide venne ricostruita e un nuovo luogo di culto venne costruito, sopraelevato di diversi metri e cosi anche la rampa e la piramide vennero ricostruite ed ampliate. La seconda piramide restò in uso fino al Calcolitico (Eneolitico,periodo preistorico in cui assieme alle pietre, si cominciò ad utilizzare i metalli), come confermano i reperti delle Culture di Filigosa-Abealzu, di Monte Claro e del vaso Campaniforme ritrovati nelle capanne che sorgono alla base della Ziqqurath. Mentre è quasi certo che all'epoca della Cultura di Bonnanaro, della prima età del Bronzo, (verso la fine del III, inizio del II millennio), la piramide come luogo di culto, non doveva essere più in uso. Io spero che un giorno luce completa venga fatta su questa singolare costruzione che, come abbiamo già detto, trova riscontro solo nelle simili costruzioni mesopotamiche.
Tutti gli scavi fin qui condotti hanno fatto luce sulla sacralità del sito, ma ci lasciano completamente all'oscuro di quale popolo abbia eretto un cosi singolare monumento: un popolo venuto dal Medio Oriente e poi integratosi con le popolazioni del luogo? E perché solo un Altare per quanto singolare? Non dimentichiamo che i nuraghi, che vengono qualche migliaio di anni dopo, si contano in oltre settemila; ancora, perché solo a Monte d'Accoddi e non in altra località della Sardegna; d'accordo la funzione dei nuraghi è di natura completamente diversa: di carattere religioso l'una, difensiva-abitativa l'altra. Ma il mistero è tuttora da risolvere e chissà quando e se mai verrà risolto. Abbiamo già indicato come vi si giunge provenendo da Sassari, per chi viene da Porto Torres, subito dopo il bivio per Bancali, si trova l'accesso al Sito di Monte d'Accoddi; dopo un centinaio di metri sulla destra un ampio parcheggio, pochi passi ancora e troverete l'Antiquarium con pannelli didattici che spiegano la cronologia degli scavi e il succedersi delle varie fasi del monumento. Sul posto un gruppo di ragazze sono pronte ad accompagnarvi per una visita guidata.
Il Sito è visitabile tutti i giorni feriali e festivi (eccetto Natale e il primo dell'anno) dalle ore 8:00 alle ore 17:00 (ottobre-marzo) oppure dalle 9:00 alle 18:00 (aprile-settembre). I servizi in loco, visite guidate comprese sono gestiti dalla coop. Thellus. Una notevole quantità di reperti ritrovati in loco è esposta nella Sala di Monte d'Accoddi del Museo G.A. Sanna di Sassari.
Fonte http://www.ilportaledelmistero.net/articolo0264.html (http://www.ilportaledelmistero.net/articolo0264.html)
L'IPOTESI ATLANTIDEA di Diego Silvio Novo da EDICOLAWEB
Parte I
(http://www.ilportaledelmistero.net/images/accoddi_005.jpg)
Valutata la possibile situazione astronomica della Terra prima del Diluvio, esaminati i pro e i contro dell'eventuale coincidenza di Atlantide con la Sardegna, sarebbe interessante, sulla base del racconto di Platone e sull'esperienza di altre grandi civiltà antiche conosciute, tracciare per sommi capi una ricostruzione quanto più realistica della possibile storia di Atlantide prima e dopo il Diluvio. Per questa parte prenderò spunto a piene mani, per le epoche post diluviane, dai testi di C. De Tisi che a sua volta è stato illuminato dallo storico L. Melis.
L'isola Sardo-corsa, posizionata al centro del Mediterraneo occidentale prima del 9.500 a.C. circa, ospitava una civiltà che potremmo chiamare atlantidea, benché il termine Atlantide sia di origine greca e tramandatoci da Platone millenni dopo. Ma probabilmente il suo nome in lingua originale non doveva suonare in modo molto dissimile se i Celti raccontano dell'isola iperborea di Avalon; i Fenici della leggenda di Antilla; gli Aztechi collocano oltre l'Atlantico il luogo mitico di Aztlan; i Berberi parlano di Attala; i vichinghi di Atli, sede del Valhalla germanico; i Baschi di Atlaintika; gli Indù di Attala e di Atyantika; i Babilonesi di Arallu, paradiso occidentale; gli Egizi di Amenti, dimora dei morti ad occidente. Nomi evidentemente simili che iniziano con la stessa vocale e spesso contengono la radice iniziale "atl".
(http://www.ilportaledelmistero.net/images/atlantide_004.jpg)
Si trattava di una civiltà fiorente beneficiata da un clima mite, nata probabilmente dall'unione, dalla federazione o dalla stipula di un patto fra le 10 maggiori polis dell'isola. Si può anche presumere che vennero via via annesse dalle due maggiori città (Atlante e Gadiro, delle specie di Atene e Sparta), ma poi fra le due prevalse la maggiore: Atlante.
Tale città stato era forse posizionata nella parte meridionale dell'isola, al fondo di una pianura fertile che gli permetteva di avere le risorse necessarie per le spedizioni militari contro gli altri centri isolani.
La città, non pareva opera dell'uomo, infatti la sua forma circolare dava adito a pensare ad un intervento divino. Ma in realtà era stata fondata per motivi difensivi all'interno di un cratere (vulcanico o di impatto?) invaso dal mare. Infatti al centro del cratere c'era un monte/isola, che divenne da subito l'acropoli di Atlante, naturalmente difesa dagli attacchi esterni dai canali circolari della laguna. Il suo nome probabilmente aveva il significato di "luogo circondato dalle acque" (come nelle leggende Azteche).
Ma quando Atlante era divenuta capitale dell'isola intera, allora aveva cominciato ad espandersi, ed i suoi abitanti, scesi dall'acropoli che non aveva più funzioni difensive, avevano bonificato la laguna naturale costruendo opere sugli isolotti a forma di mezza luna appena affioranti dall'acqua. A poco a poco realizzarono una città dalla strana ed unica forma ad anelli di mare e di terra concentrici e alternati.
Quando l'unificazione dell'isola fu compiuta sotto la guida dei re di Atlante, questi dovettero intraprendere nuove campagne militari verso l'esterno, poiché l'economia rapace della città guerriera non avrebbe sopportato la stagnazione del tempo di pace. Nuove guerre permettevano di mantenere occupati i suoi abitanti nella costruzione di eserciti e flotte, ed inoltre permettevano l'arricchimento dei nobili tramite la depredazione del nemico.
Atlante per sopravvivere aveva bisogno di continue nuove guerre per rifornire di oro e altri preziosi le sue casse, un po' come sarebbe avvenuto per la Roma imperiale millenni dopo.
Fu così che il regno di Atlantide divenne un impero, grazie a varie campagne di conquista lungo le coste dei continenti che la circondavano. Ben presto le sue flotte sottomisero popoli in tutto l'occidente a partire dai Tirreni (Italia), fino alla Spagna, all'Africa e alla terra del nord forse identificata anticamente come Lyonesse (piattaforma continentale sud della Gran Bretagna), l'ultima terra abitata prima dei ghiacci perenni.
Il suo impero era prospero e vasto. I popoli assoggettati pagavano cospicui tributi. L'economia dell'isola ad un certo punto ebbe la sua evoluzione da quella della guerra di rapina, a quella dei fiorenti commerci con le colonie e i popoli non assoggettati. La sete di conoscenza dei marinai, la ricerca di nuove rotte commerciali portò forse gli atlantidei a solcare tutti gli oceani e ad interagire con popoli di ogni parte della Terra: dalle coste dell'America centrale e meridionale, fino alla terra antartica, compiendo anche la circumnavigazione dell'Africa.
La capitale Atlante, ormai non riusciva più ad essere contenuta tutta nell'antica laguna. Flotte interminabili di navi commerciali si affollavano lungo le banchine del suo porto canale, attorno alle cui sponde era cresciuta la città nuova, quella del popolo dei commerci. Invece quella della laguna era divenuta la città degli aristocratici e del re.
Ad un certo punto si decise di realizzare una nuova cinta muraria, che però non aveva propriamente funzioni difensive, ma bensì quella di divisione amministrativa fra campagna e città che cominciavano a compenetrarsi pericolosamente.
Infatti la pianura era divisa in lotti assegnati ai maggiori aristocratici di Atlante. Ogni lotto forniva per legge cibo e uomini armati. Non era cosa buona che i commercianti andassero ad acquistare e costruire le loro residenze nei lotti con amministrazione militare.
Per questo si realizzò una cinta muraria che inglobava il porto canale e dava nuovo respiro e sviluppo alla città imperiale. Probabilmente il re o l'amministrazione municipale assegnarono ad un agrimensore o un architetto il compito di redigere un piano regolatore, come avverrà successivamente nella Grecia antica o nel mondo romano.
La tecnologia dell'isola, non era quella fantascientifica che molti credono, ma comunque consentiva agli atlantidei di realizzare navi in grado di solcare con sicurezza i mari. Le loro conoscenze erano superiori a quelle di altri popoli. Forse giunsero fino alle coste americane dove cercarono di incivilire i selvaggi di quelle terre insegnando loro la coltivazione, l'allevamento e qualcosa sull'artigianato. Su certe tecnologie furono molto reticenti invece, forse per proteggere la loro supremazia commerciale e militare.
Per esempio erano ottimi fabbri. Avevano scoperto delle leghe metalliche che rendevano le loro armi migliori. Su una di queste, però, vigeva il divieto assoluto di divulgazione poiché rendeva i loro armamenti più resistenti di quelli nemici: l'oricalco. Si trattava di una lega prodotta con un minerale (da cui si estrae lo zinco) che si poteva trovare solo sull'isola atlantidea. Più complesso era invece reperire lo stagno che andava cercato nelle miniere di lontane terre del sud (Zimbawe odierno) e dell'ovest (Lyonesse). Le regioni africane erano presumibilmente colonie strategiche, ferocemente conquistate e difese.
Per raggiungerle gli atlantidei dovevano aver cercato diverse strade, sia via terra che via mare circumnavigando l'Africa.
La situazione di Atlantide pareva idilliaca, ma per qualche motivo ad un certo punto le cose non dovettero più andare bene.
Qui possiamo fare varie ipotesi.
L'impero si avviava verso una grave crisi economica, poiché spingere le navi sempre più lontano da Atlante non era conveniente. Come in tutti gli imperi, esaurita la ricchezza rapinata ai popoli sottomessi in guerra, insufficienti i tributi delle colonie per sostentare i dissoluti atlantidei, ma anche per sostenere i bisogni degli abitanti delle province che cominciavano ad avere uno stile di vita simile agli isolani, con in più magari problemi e costi enormi per mantenere il controllo militare sui popoli ribelli, le casse dello stato andavano esaurendosi.
In più l'impero atlantideo aveva una spina nel suo fianco orientale: gli amici/nemici Greci che avevano come capitale Atene arcaica. Questi controllavano militarmente il Mediterraneo orientale, che per un atlantideo poteva anche essere visto come un altro mare. Probabilmente questi Greci erano anche in parte discendenti da atlantidei (i Pelasgi di Erodoto?) che erano stati esiliati dalla loro isola. I Greci comunque erano prodi guerrieri e la loro organizzazione politico-sociale, la loro tecnologia non erano inferiori a quelle di Atlantide.
Il re di Atlantide, dovette probabilmente in questo frangente decidere di intraprendere un grande campagna militare contro i Greci con il duplice obiettivo di incamerare le loro ricchezze e di prendere possesso delle loro rotte commerciali.
Oppure, variando lo scenario, l'impero atlantideo non era affatto in crisi economica. Anzi, le nuove terre scoperte all'estremo occidente, benché lontane, potevano fornire grandi quantità di oro e ricchezze, e quindi i re di Atlante furono tentati di finanziare la costruzione di un'impressionante flotta da guerra per conquistare la Grecia e i popoli attorno al mare orientale, una volta per tutte.
Oppure, ancora, i Greci avevano conquistato e buttato fuori dalle colonie dello stagno dell'Africa orientale gli Atlantidei, rompendo un patto di non belligeranza e mettendo in grave pericolo l'industria metallurgica di Atlantide, su cui essa fondava gran parte della sua potenza militare. Era un pericolo mortale per Atlantide. I suoi re, riluttanti o meno che fossero, non poterono sottrarsi al conflitto con i popoli dell'est.
O forse era desiderio degli Atlantidei prendere il controllo delle rotte commerciali via terra, attraverso l'Africa del nord-est (Egitto), per raggiungere l'ambito stagno senza dover circumnavigare il continente africano con le flotte commerciali. Ma tali passaggi erano sotto il controllo dei Greci ed il conflitto con loro fu inevitabile.
In un modo o nell'altro scoppiò una guerra, che oggi potremmo definire di rilevanza mondiale. Ma la campagna militare atlantidea non procedeva come progettato. Gli Atlantidei erano diventati un popolo altezzoso, borioso, vizioso, consapevole di appartenere ad una grande civiltà planetaria che aveva navigato in tutti i mari. Erano ormai ben lontani dagli uomini di tempra spartana degli inizi della loro storia.
Il loro esercito si era inflaccidito e non era ben comandato. I generali si affidavano più sulla potenza del numero smisurato di uomini, sulla supremazia dell'oricalco che sulla strategia militare.
La campagna militare fu un grande fiasco.
I Greci ed i loro alleati, al contrario, erano più motivati poiché rischiavano di perdere la loro indipendenza e quindi combattevano con ardore e con astuzia, anche quando qualcuno degli alleati preferiva ritirarsi o arrendersi agli Atlantidei.
Gli Atlantidei rimasero così impantanati in una guerra senza sbocco, quando gli dei decisero di rivoltare terra e mare.
Si possono immaginare i contrasti a corte fra i generali, fra i re governatori dell'isola che si accusavano l'un l'altro di incapacità. Forse alcuni trescavano alle spalle del re di Atlante una congiura per rovesciarlo e sostituirlo con un altro più abile. Anche fra i nemici ed i coloni dell'impero cominciò a spargersi la voce dei dissidi fra gli aristocratici. Ma un giorno infausto, lo stesso di una pesante sconfitta militare di Atlantide, la cui notizia non giungerà mai in patria, si vide in cielo un nuovo e luminoso astro.
I re non fecero in tempo ad avere un responso dai sapienti dell'isola, che l'astro scomparve con la sua lunga scia oltre l'orizzonte nord-ovest in un bagliore accecante. Ma ben presto altri frammenti di stelle più piccole si videro cadere dal cielo in ogni direzione.
Passò forse mezza giornata o qualche ora e la terra di Atlantide, e con essa il mondo intero, venne scossa da tremendi terremoti. I bei palazzi di Atlante e delle altre polis crollarono provocando numerose vittime. La gente in preda al panico si riversava nelle strade. Ma la terra non smetteva di tremare ed Atlante divenne un cumulo di macerie.
Gli atlantidei superstiti erano scioccati e sbigottiti: l'ordine naturale si era infranto, anche il sole pareva deviare dal suo corso abituale. Per un paio di giorni il sole e le stelle si mossero in maniera insolita. Molti, colti dal panico, si imbarcarono sulle navi ormeggiate in porto e tentarono la fuga via mare, alla ricerca di una terra dove rifugiarsi. Ma anche il mare si ribellò, un maremoto terrificante si riversò sulla fertile pianura di Atlante, distruggendo il porto e quello che ancora non era stato abbattuto dal terremoto. Ormai la capitale dell'impero atlantideo non esisteva più, ma non era ancora avvenuto il peggio, l'evento che avrebbe anche cancellato la speranza di una sua ricostruzione.
Mentre i notabili ed i sacerdoti superstiti recatisi sull'acropoli sacra, compivano sacrifici per placare il dio Poseidone, ormai pioveva da ore con un'intensità mai vista prima, i fiumi ed i canali della pianura si erano ingrossati fino a traboccare, ma l'alluvione appena iniziata non era ancora nulla rispetto al disastro successivo.
Il mare a sud est si stava gonfiando paurosamente, aveva già inghiottito i resti dei villaggi costieri ed avanzava altissimo come una catena montuosa d'acqua, verso la pianura e contro i monti battuti dalla pioggia dirompente.
In pochi minuti giunse all'altezza di Atlante, seppellendo definitivamente le sue macerie e continuò verso nord ovest inghiottendo il resto dell'isola.
Quei pochi fortunati che riuscirono a sopravvivere al maremoto, e alla nuova gigantesca onda di marea che rovesciava le imbarcazioni lungo la sua rotta, mentre erano in navigazione al largo di Atlantide in cerca di salvezza, videro il profilo dell'isola scomparire sotto il mare.
Le tipiche navi commerciali degli Atlantidei erano in legno catramato, ma sufficientemente robuste per la navigazione oceanica. Avevano la chiglia alta per resistere alle tempeste dell'oceano. Una comune nave commerciale aveva queste misure: lunghezza 130 m, larghezza 22 m, altezza 13 m (misure e caratteristiche dell'Arca di Noè). Erano navi compartimentate, realizzate su tre ponti sovrapposti. L'ultimo ponte era coperto da un tetto. Erano probabilmente provviste di propulsione a vela o a remi disposti su più ordini. L'ingresso ai ponti avveniva con una porta laterale per agevolare il carico dal molo del porto.
Le imbarcazioni dei sopravvissuti vennero sollevate dalla incredibile marea, ma per gli osservatori a bordo, pareva fosse l'isola a scomparire sotto il mare. Deve essere stata una visione agghiacciante, qualcuno piangeva osservando la scena dal pontile, ma le lacrime erano confuse con le gocce di pioggia sferzante. In poco tempo l'isola si trasformò in arcipelago: spuntavano dal mare solo i monti. Dovevano già essere morte milioni di persone, quasi tutto il popolo discendente da Poseidone. Rimanevano solo i montanari: i superstiti sulle navi pregavano che almeno quelli si salvassero, ma fu una speranza vana. In pochi minuti il mare inghiottì anche quelle nuove isole formate dalle cime dei monti, o forse no (ma la vista dell'orizzonte era offuscata dalla fitta pioggia). Il mondo era diventato un mare senza sponde.
I superstiti sulle navi, forse poche centinaia di persone, rimasero per giorni e giorni ad osservare l'orizzonte piatto del mare e la pioggia che cadeva incessantemente. Avrebbero già dovuto raggiungere la terraferma da giorni, invece niente. Il mare aveva inghiottito ogni landa. I più deboli si lamentavano e paventavano l'ipotesi che la nave non avrebbe raggiunto più nessun porto. I più forti invitavano a pregare e sperare negli dei.
Sulle navi più fortunate c'erano discrete scorte di cibo, forse anche animali vivi. Chi vi era imbarcato era meno preoccupato del suo futuro, almeno nei primi giorni. Poi si dovette razionare il cibo non sapendo per quanto tempo sarebbe durata la navigazione.
Alcune navi probabilmente trasportavano gabbie con colombi: quando smise di piovere si decise di liberarne alcuni per verificare se vi erano terre emerse e quindi spingere la nave in quella direzione. Ma nei primi giorni gli animali ritornavano sempre sulla nave. Poi finalmente, dopo più di un mese di mare infinito, i colombi non tornarono. Si spinse la nave nella direzione in cui gli animali scomparvero.
All'orizzonte apparve un'isola, poi un arcipelago sconosciuti. Ma quando la nave si avvicinò, ci si rese conto di essere arrivati sulla cima di un monte: l'erba e gli alberi continuavano sott'acqua. All'inizio non ci si fidò a scendere dalla nave, ma già il giorno seguente, si notò che l'isola era cresciuta in altezza. Dopo poche ore la nave si ritrovò incagliata su un altipiano, fra i rami e i tronchi di una foresta di conifere abbattute dalla pressione dell'acqua.
Fonte http://www.ilportaledelmistero.net/articolo0264.html